Gli anni sul groppone sono 41, i capelli bianchi ormai ci sono e pure qualche kilo in più rispetto al peso-forma ideale per padroneggiare un bolide da 750 cavalli, ma Juan Pablo Montoya ci stupisce un altra volta – ammesso che abbia mai smesso di farlo – e dopo aver sfiorato il titolo lo scorso anno, ci riprova quest’anno partendo col piede giusto grazie ad una trionfale gara sul ‘bumpy’ di St. Petersburg, Florida, round 1 della Verizon IndyCar Series 2016.
La gara del colombiano è stata pressoché perfetta e fa niente se il ritiro di Will Power per apparente mal di stomaco poi tramutatosi in trauma cranico rimediato nelle libere (come mai la verità è uscita dopo?!?!?) abbia un po’ facilitato le cose al vicecampione 2015, perché tenere il ritmo forsennato di un buon Simon Pagenaud (poleman d’ufficio, ndr) non era facile, ma se c’era un uomo che poteva farlo era proprio ‘Juancho’. Pagenaud, comunque sia secondo, ha buttato via una preziosa occasione addormentandosi nella fase cruciale della gara, rimanendo imbottigliato nell’inutile lotta per i piani alti tra Kanaan e Daly che erano andati fuori sequenza pit-stop. Il transalpino ha imparato una dura lezione che sicuramente gli farà comodo per il proseguo della stagione, che magari potrebbe vederlo protagonista grazie allo stato di forma dell’intera armata Penske, capace di piazzare i suoi quattro piloti nelle prime due file in qualifica, situazione a dir poco imbarazzante per gli altri, a cominciare dai rivali di sempre del team Ganassi.
Il podio è stato completato da un super Ryan Hunter-Reay, finalmente incisivo seppur spinto dal propulsore Honda che anche se aggiornato paga un po’ in termini di potenza rispetto all’unità Chevrolet. Lo statunitense è stato molto aggressivo nel finale quando con una mossa dura ma assolutamente nei limiti del regolamento ha infilato Helio Castroneves, regalando non solo un insperato podio al suo team ed alla Honda, ma evitando così l’ennesima figuraccia agli altri con una tripletta Penske.
Il rientrante Mikhail Aleshin e Takuma Sato completano al top-5 in una classifica finale pesantemente condizionata dal maxi-tamponamento al 57esimo giro scaturito da una scellerata azione di sorpasso del colombiano Carlos Munoz ai danni di Graham Rahal, il quale incolpevolmente ha bloccato l’intera carreggiata innescando il mucchio selvaggio che ha coinvolto una decina di auto, tra le quali quella di Luca Filippi e Oriol Servia, chiamato in sostituzione di Power.
Il nostro portacolori ha vissuto il solito week-end fatto di alti e bassi da quando a iniziato la sua avventura americana, andando molto bene in qualifica dove ha mancato la Q2 di qualche decimo, e costretto a sudare le famose sette camicie in una gara condizionata dai due contatti, uno con Marco Andretti e l’altro con un aggressivo Ryan Hunter-Reay, dove Luca era in entrambi assolutamente incolpevole. A poco è servita una super-strategia preparata dai tecnici del Dale Coyne Racing che gli hanno permesso di lottare in top-5 per una buona porzione della gara che ha superato abbondantemente le due ore, troppe se non stiamo parlando di F.Endurance o di gare particolari come le 500 miglia.
Roberto Del Papa – @papxi27